Mentre a Westminster si consumano senza soluzione di continuità quelli che potrebbero essere gli ultimi momenti di un’intera fase della storia contemporanea, momenti destinati (comunque vada a finire) a incidere profondamente sulle vite di tutti noi italiani, di tutti noi europei, di tutti noi inglesi, sulla stampa nostrana si fatica a trovarne una copertura adeguata e visibile quanto le circostanze richiederebbero. I giornali del Belpaese sono infatti tutti compresi delle feroci (e convenienti) diatribe interne ai gialloverdi, ovvero del clangore suscitato a Verona dai fondamentalisti russo-ortodossi, ovvero dell’intrigantissima parabola della castrazione chimica da infliggersi ai molestatori, eccetera, per trovare il tempo e lo spazio davvero necessari per analizzare nei particolari la continua, drammatica evoluzione della vicenda Brexit. Non ci sarebbe troppo da stupirsene, visto che dalle nostre parti non ci si e’ mai interessati molto di quanto accade fuori dal nostro orticello, tant'è che le imminenti Europee vengono vissute e narrate come se fossero esclusivamente una sfida elettorale mutua tra le formazioni politiche nostrane, una sfida finalizzata alla mera ridefinizione degli equilibri di potere nel campo di casa. Un po’, tuttavia, mi si consenta di stupirmene: tra quei giornali che della Brexit parlano con distrazione e superficialità ci sono, infatti, anche quelli che attaccano sistematicamente le avverse parti politiche tacciandole di antieuropeismo, quei giornali che sono letti e scritti da intellettuali e “liberi” pensatori che si proclamano sperticatamente europeisti, ma che finiscono poi, paradossalmente, con il testimoniare dell’Europa poco e male.
A circa due mesi dall'accordo UE sul "recovery fund", diradatisi ormai i fumi della conseguente sbornia (allegra per alcuni e triste per altri, come sempre accade) e nella lunga attesa che se ne veda la concretizzazione sonante, converrà concentrarsi sul meccanismo europeo di stabilità (MES), già fondo salva-stati. Se il dibattito attorno al "recovery fund" sarà il tormentone del nostro autunno post-elettorale, quello sul MES sarà infatti quantomeno un tormentino. Del MES si è sentito parlare moltissimo sin dall'insorgere della pandemia, quasi sempre a vanvera, con toni contrastanti ma altrettanto ideologizzati da parte delle avverse fazioni politiche. Per capirci qualcosa è necessario chiedersi cosa esattamente esso sia, a quali reali condizioni esso sia erogato, quale ne sia l'effettiva entità, e se l'accedervi sia o meno conveniente all'interesse del Paese. In seconda battuta è opportuno anche (e soprattutto) chiedersi quali siano le vere mot