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Europee 2019: il referendum su Salvini e le illusioni della democrazia


A volte il guardare alle cose per come realmente stanno risulta molto doloroso, ci costringe a confrontarci con i nostri pregiudizi e a ridimensionare gli slanci idealistici (o ideologici, a seconda dei casi). Potrebbe essere il caso delle elezioni Europee di oggi. Taluni ritengono infatti di essere andati a votare per incidere sulla futura composizione del Parlamento Europeo, magari nella speranza di cambiarne gli assetti e il ruolo politico, oltre che economico, compiendo così un altro passo lungo il lento cammino che porta alla costruzione dell'Europa che verrà. Mi spiace dover deludere tutti costoro, ma non è così. Per due semplici e incontrovertibili motivi. Il primo è crudamente matematico e segue dalla magnificazione che la scala continentale conferisce ad un problema insito nelle moderne democrazie: all'atto pratico il voto del singolo elettore in queste europee non conta. Se ritenete che ciò non sia del tutto vero, che per poco che sia pur sempre un poco conti, be’, scusate il calembour ma avete fatto male i conti. Il Parlamento europeo è infatti composto attualmente da 751 seggi, 73 dei quali sono destinati all’Italia. Alla data odierna gli aventi diritto al voto nel nostro Paese sono pari a 51.402.963, il che significa mediamente 704.150 voti a seggio. Penso non sia necessario ripassare insieme il bignamino della statistica per concludere quale sia, agli effetti pratici, il peso del singolo voto. A questa valutazione vanno aggiunti gli effetti aberranti indotti dagli specifici (e arbitrari) meccanismi di attribuzione dei singoli seggi alle diverse liste elettorali, effetti che finiscono con il vergare di aleatorietà l'espressione di volontà dell'elettore. Tra tali meccanismi ricordo, per esempio, le diverse modalità di ripartizione dei seggi che Paesi diversi dell'Unione applicano in funzione del numero di voti, la suddivisione in circoscrizioni rigide su base geografica, la presenza della soglia di sbarramento al 4 percento, e quella miriade sommersa di errori commessi da elettori e scrutinatori che rendono irrimediabilmente etereo il già trascurabile peso del singolo voto. Infine, grava come un macigno il peso relativo della Brexit, un macigno che schiaccia ineludibilmente quel granello di sabbia che ci accingiamo e far cadere dentro l'urna: in questi stessi giorni altri 73 seggi verranno infatti assegnati a europarlamentari britannici che, però, si sfileranno dai loro scanni al più tardi l'ottobre prossimo. E quei 73 seggi, che rappresentano complessivamente una massa pari all'intero corpo elettorale italiano, verranno riassegnati (solo in parte, invero: e anche questa mancata riassegnazione conferirà ulteriore casualità al fenomeno) sulla base di criteri che alcuni riterranno pure di buon senso ma che sono, nondimeno, arbitrari e forieri di ulteriore aleatorietà, un'aleatorietà incontrollabile e imponderabile dal singolo elettore. Ognuno di quei 73 seggi peserà, in un colpo solo, come oltre 700.000 dei nostri voti.

A dispetto della statistica, il voto del singolo potrebbe però avere un altissimo valore etico, in queste Europee come in qualsiasi altra elezione democratica, e lì starebbe semmai il punto. A patto, però, che l'elettore conosca e condivida le regole del gioco cui sta attivamente prendendo parte. E a patto che il fine dichiarato di questo gioco coincida con quello reale. Ed è proprio qui che, a mio modestissimo avviso, queste Europee nella loro declinazione italiana mostrano la corda. In Italia, infatti, non si vota oggi per il rinnovo del Parlamento europeo, bensì per riequilibrare i rapporti di forza tra le fazioni politiche interne al nostro governo (e, in misura minore, al nostro intero Parlamento). In particolare, come è stato asserito con sprezzo dei valori democratici e spregio dell'elettorato dallo stesso interessato, queste elezioni sono un "referendum su Salvini". Così è stato sottinteso per tutta la durata della snervante campagna elettorale che ci ha ininterrottamente sferzato negli ultimi mesi, una campagna fatta solo di volgari beghe intragovernative e di promesse elettorali tanto insostenibili quanto prive del benché minimo respiro europeo (gioco cui le opposizioni, queste sconosciute, si sono prestate senza fare particolari rimostranze). Altro che unione identitaria, politiche comuni, sfide globali. Altro che spinelliano Manifesto per un'Europa libera e unita. Non si è arrivati nemmeno a guardare all'Europa come a un'opportunità da sfruttare, a un luogo da governare per agevolare il conseguimento di fini puramente nazionalistici. Si è rimasti al livello infimo e infame della zuffa di quartiere. E in tal guisa queste Europee le hanno a loro volta rappresentate, supinamente, a paro a paro e senza soluzione di continuità, i nostri media. E dunque in tal guisa (come avrebbe potuto essere diversamente?) le hanno fatte proprie e le stanno vivendo oggi, a decine di milioni, i più degli elettori italiani. Con la triste conseguenza che, chiusi i seggi, con la sua presenza nell'urna ogni singola scheda elettorale starà paradossalmente lì a testimoniare, più o meno involontariamente, non già del processo democratico continentale ma della partecipazione ad un referendum perverso, tutto giocato entro i confini nazionali. Profetiche suonano le parole di Daniel Ziblatt, professore di scienze politiche alla Harvard University e coautore del saggio Come muoiono le democrazie (Ed. Laterza) che, intervistato da Massimo Gaggi sull'edizione odierna del Corriere della Sera, ha dichiarato: "I colpi di stato non vanno più di moda. Oggi è più facile instaurare un regime autoritario attraverso le elezioni". Autentiche o simulate che esse siano.

                                                                                                         (Firenze, 26 maggio 2019)


Postilla: ho scritto questo post durante la giornata di ieri, giorno in cui in Italia si tenevano le elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo. Oggi siamo a conoscenza dell'esito di dette elezioni, ovvero di detto referendum (stravinto da chi l'aveva promosso). Pare, tra le altre cose, che in questo Paese l'avere sprezzo dei valori democratici e spregio dell'elettorato costituisca viatico sostanziale nel conseguimento del consenso da parte di quell'istesso corpo elettorale.

                                                                                                       (Firenze, 27 maggio 2019)

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