A dispetto della statistica, il voto del singolo potrebbe però avere un altissimo valore etico, in queste Europee come in qualsiasi altra elezione democratica, e lì starebbe semmai il punto. A patto, però, che l'elettore conosca e condivida le regole del gioco cui sta attivamente prendendo parte. E a patto che il fine dichiarato di questo gioco coincida con quello reale. Ed è proprio qui che, a mio modestissimo avviso, queste Europee nella loro declinazione italiana mostrano la corda. In Italia, infatti, non si vota oggi per il rinnovo del Parlamento europeo, bensì per riequilibrare i rapporti di forza tra le fazioni politiche interne al nostro governo (e, in misura minore, al nostro intero Parlamento). In particolare, come è stato asserito con sprezzo dei valori democratici e spregio dell'elettorato dallo stesso interessato, queste elezioni sono un "referendum su Salvini". Così è stato sottinteso per tutta la durata della snervante campagna elettorale che ci ha ininterrottamente sferzato negli ultimi mesi, una campagna fatta solo di volgari beghe intragovernative e di promesse elettorali tanto insostenibili quanto prive del benché minimo respiro europeo (gioco cui le opposizioni, queste sconosciute, si sono prestate senza fare particolari rimostranze). Altro che unione identitaria, politiche comuni, sfide globali. Altro che spinelliano Manifesto per un'Europa libera e unita. Non si è arrivati nemmeno a guardare all'Europa come a un'opportunità da sfruttare, a un luogo da governare per agevolare il conseguimento di fini puramente nazionalistici. Si è rimasti al livello infimo e infame della zuffa di quartiere. E in tal guisa queste Europee le hanno a loro volta rappresentate, supinamente, a paro a paro e senza soluzione di continuità, i nostri media. E dunque in tal guisa (come avrebbe potuto essere diversamente?) le hanno fatte proprie e le stanno vivendo oggi, a decine di milioni, i più degli elettori italiani. Con la triste conseguenza che, chiusi i seggi, con la sua presenza nell'urna ogni singola scheda elettorale starà paradossalmente lì a testimoniare, più o meno involontariamente, non già del processo democratico continentale ma della partecipazione ad un referendum perverso, tutto giocato entro i confini nazionali. Profetiche suonano le parole di Daniel Ziblatt, professore di scienze politiche alla Harvard University e coautore del saggio Come muoiono le democrazie (Ed. Laterza) che, intervistato da Massimo Gaggi sull'edizione odierna del Corriere della Sera, ha dichiarato: "I colpi di stato non vanno più di moda. Oggi è più facile instaurare un regime autoritario attraverso le elezioni". Autentiche o simulate che esse siano.
(Firenze, 26 maggio 2019)
Postilla: ho scritto questo post durante la giornata di ieri, giorno in cui in Italia si tenevano le elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo. Oggi siamo a conoscenza dell'esito di dette elezioni, ovvero di detto referendum (stravinto da chi l'aveva promosso). Pare, tra le altre cose, che in questo Paese l'avere sprezzo dei valori democratici e spregio dell'elettorato costituisca viatico sostanziale nel conseguimento del consenso da parte di quell'istesso corpo elettorale.
(Firenze, 27 maggio 2019)